RECOARO TERME:
20-22 APRILE 1945
LA FINE DELLA
GUERRA IN ITALIA
La decisione del comando
supremo tedesco di arrendersi fu presa a Recoaro Terme. Nella notte tra il 22 e
il 23 aprile 1945, dopo un'intera giornata di discussione, il generale Heinrich
von Vietinghoff-Scheel, comandante in capo del settore Sudovest e del gruppo di
armate C operante sul fronte italiano, dette disco verde ai suoi
plenipotenziari che subito partirono da Recoaro per andare a firmare la resa presso il Comando
alleato di Alexander a Caserta.
Come si era giunti a questo atto che poneva fine alla guerra in
Italia con largo anticipo rispetto alla fine della guerra nel resto d'Europa?
I tedeschi a
Recoaro: la prima occupazione
Le truppe tedesche si
dislocarono nella stazione termale vicentina in due fasi distinte: la
prima coincise con i mesi di ottobre
1943-maggio 1944, la seconda con i mesi di giugno 1944-aprile 1945.
Nei primi giorni di ottobre
del 1943 giunsero a Recoaro trecento soldati tedeschi, per la cui sistemazione
furono requisiti quattro alberghi, il "Lelia" dentro il perimetro
delle Regie Fonti, il "Varese", il "Trettenero" e il
"Firenze". Si completava in questo modo l'occupazione tedesca della
Valle dell'Agno iniziata immediatamente dopo l'8 settembre.
Fino a metà maggio dell'anno
successivo le truppe tedesche, il cui numero diminuì a partire dal gennaio
1944, convissero con i funzionari e gli agenti della Direzione generale di
Pubblica Sicurezza del Ministero dell'Interno della Repubblica sociale
italiana, con i funzionari e i militi del Comando centrale della Milizia della
strada, con i funzionari e i militari di una parte del Sottosegretariato della
Marina. Si trattava di quasi 800 persone che erano arrivate a Recoaro nel
novembre 1943 a seguito del trasferimento in varie località dell'Italia del
Nord del governo della Rsi e di tutti i ministeri romani. Per sistemare i nuovi
arrivati e i loro uffici furono requisiti una sessantina tra alberghi e
pensioni, nonché alcune ville (in una di queste prese alloggio il tenente di
vascello Eugenio Wolk, comandante del reparto segreto degli incursori
"Gamma" della X° Mas, che aveva la sua base a Valdagno).
I partigiani, presenti già
agli inizi del 1944 sui monti circostanti, erano ancora pochi e in fase di
organizzazione e di armamento. Pertanto, non rappresentavano in quei mesi un
problema grave per le truppe occupanti e per i fascisti di Salò, nonostante
fossero già avvenuti alcuni scontri isolati.
Fino a metà maggio del 1944,
dunque, Recoaro rimase una appartata e relativamente tranquilla retrovia dove
il problema più impellente era rappresentato dai ritardi con i quali la
Prefettura di Vicenza pagava i conti degli alberghi requisiti, dal momento che
nessuno, né i tedeschi né i funzionari ministeriali, intendeva pagare il costo
degli alloggi.
I tedeschi a
Recoaro: la seconda occupazione
La situazione cambiò
all'improvviso il 13 maggio 1944 quando i tedeschi ordinarono ai funzionari e
ai militari italiani di lasciare immediatamente Recoaro. Tutti gli alberghi, le
pensioni e le ville in precedenza requisite dal Ministero dell'Interno e dal
Sottosegretariato della Marina dovevano essere sgomberati entro tre giorni. Il
15 maggio fu requisito anche l'intero compendio termale delle Fonti centrali.
La spiegazione di tale drastico ordine stava nel fatto che il feldmaresciallo
Albert Kesselring, in previsione della caduta di Roma e di un ulteriore
arretramento del fronte, aveva deciso di ridislocare il suo quartier
generale nel centro termale vicentino.
Recoaro, infatti, posta in
una conca circondata da alte montagne che rappresentavano una sorta di difesa naturale, era strategicamente
vicina sia alla valle dell'Adige (fondamentale corridoio dei rifornimenti per
il fronte e principale direttrice di un eventuale ripiegamento verso la Germania), sia alla
nuova linea di difesa approntata sulla dorsale degli Appennini (la “Linea
gotica”). Inoltre la sua dotazione alberghiera poteva accogliere agevolmente le
circa 1.500 persone che formavano lo Stato Maggiore di Kesselring, vale a dire
il "cervello" strategico che coordinava e dirigeva tutte le
operazioni delle armate tedesche in Italia.
Bisognava però garantire
alla nuova sede del quartier generale, posta nell'area delle Regie Fonti, la
massima sicurezza ed efficienza: i mesi estivi furono quindi utilizzati dai
tedeschi per approntare tutta una serie di bunker, gallerie e trincee
paraschegge, utilizzando giornalmente la manodopera di duecento operai
italiani. Soprattutto era prioritario costruire il grande bunker di comando in
cui sarebbero stati collocati i principali uffici strategici. Esso era lungo 60
metri, largo quattro e alto tre; era disposto su di un asse est-ovest e
comunicava con l'esterno attraverso tre
gallerie minori costruite con curve ad angolo retto per rompere l'onda d'urto
delle bombe.
Il quartier generale di
Kesselring si trasferì a Recoaro verso la metà di settembre del 1944, dopo che
le formazioni partigiane della zona (che nel frattempo erano diventate per i
tedeschi una vera spina nel fianco) erano
state disarticolate e indebolite da pesantissimi rastrellamenti, in modo
che non potessero rappresentare un pericolo né per la sede dello stato
maggiore né per le vie di comunicazione
tra il comando supremo e il fronte (rastrellamento di Piana di Valdagno del 9
settembre e operazione "Timpano"
del 12-16 settembre).
Quando Kesselring arrivò, i
lavori di scavo e di rafforzamento delle difese passive erano ancora in corso
(sarebbero continuati fino ad aprile del 1945) ma il bunker di comando era
quasi certamente completato e in breve diventò operativo.
In questo bunker i
principali responsabili politici e militari tedeschi presenti in Italia
discussero per l'intera domenica del 22 aprile 1945 i pro e i contro della
resa. La spinta decisiva per quella che possiamo definire la "Conferenza
di Recoaro" era venuta due giorni prima, venerdì 20 aprile, quando gli
americani, archiviata l'operazione "Sunrise", bombardarono
pesantemente la sede del comando supremo tedesco.
L'operazione
"Sunrise"
Dopo il fallimento
dell'offensiva tedesca nelle Ardenne (dicembre 1944) le sorti della guerra in
Europa erano definitivamente segnate. Per questo Hitler aveva dato ordine di fare terra bruciata sia
in Germania sia nei paesi occupati. Se eseguito, l’ordine avrebbe causato la distruzione
di tutto l'apparato industriale dell'Italia del Nord.
L'ambasciatore Rudolph Rahn
e il capo delle SS in Italia Karl Wolff compresero l'assurdità di tale ordine a
guerra praticamente perduta. Ma capirono anche di avere in mano una carta
politicamente importante: infatti la salvaguardia delle industrie della Valle
del Po nonché quella dei porti di Genova, Venezia e Trieste erano, in
previsione del "dopo", una preziosa materia di scambio con gli
Alleati con i quali, all'insaputa di Hitler, si ricercarono contatti diretti.
Nacque così, ai primi di marzo del 1945, l'operazione "Sunrise", che
ebbe come protagonisti da un lato Karl Wolff e dall'altro Allen Dulles, del
Servizio segreto americano (OSS) operante in Svizzera. "Sunrise"
avrebbe dovuto garantire la salvaguardia degli impianti industriali e,
contemporaneamente, provocare la resa anticipata delle truppe tedesche in
Italia.
Per ottenere tutto questo,
però, era necessario l'assenso dei militari, cioè del generale von
Vietinghoff-Scheel, che il 10 marzo era subentrato a Kesselring nel Comando
Sud-ovest. Il capo delle SS era andato più volte a Recoaro per convincere il Generaloberst della inevitabilità della
resa, e vi ritornò dopo il 9 aprile,
quando era iniziata l'offensiva finale
alleata. Wolff, infatti, era consapevole che l'avanzata sempre più impetuosa
degli angloamericani nella pianura padana avrebbe ben presto tolto ogni
significato all'operazione "Sunrise". I suoi sforzi, tuttavia, non
erano approdati a nulla perché Von Vietinghoff, non volendo essere accusato di
alto tradimento e terrorizzato dalla prevedibile reazione di Hitler, rifiutava
di arrendersi. Così, dopo alcuni giorni, avvenne quanto Wolff aveva previsto e
temuto.
Poiché da Recoaro non veniva
alcun segnale di resa, il 19 aprile gli Alleati annullarono "Sunrise"
e, con essa, il tacito accordo di non bombardare la sede del Comando supremo tedesco finché
duravano le trattative. Lo prova il fatto che gli angloamericani, nonostante
fossero padroni incontrastati dei cieli, avevano evitato di bombardare il
comando di von Vietinghoff all'inizio della loro offensiva, come invece sarebbe
stato logico che facessero per interrompere da subito ogni comunicazione tra
Recoaro e il fronte e creare grave disorientamento nelle prime linee tedesche.
Lo fecero venerdì 20 aprile.
Il bombardamento
del 20 aprile 1945
Il bombardamento fu condotto
da diciotto bombardieri B25-J “Mitchell” che, tra le 12,43 e le 12.44, sganciarono sugli edifici del Comando tedesco
135 bombe da 500 libbre ciascuna.
I B-25J decollarono dal campo di aviazione di Rimini
Miramare tra le 11,25 e le 11,35 am. Appartenevano al 340° gruppo bombardieri
medi, inquadrato nel 57° stormo da bombardamento della MATAF (Mediterranean Allied Tactical Air Force).
La formazione era scortata da diciotto P-51 "Mustang", appartenenti
al 31° gruppo caccia dell’USAAF in forza alla 15a Air Force. I
caccia erano decollati da Mondolfo (Pesaro).
La loro rotta passava su Ferrara, Legnago, San Bonifacio e
Thiene, a una quota compresa tra i
3000-3500 metri. Sopra Thiene virarono
verso ovest per iniziare la "corsa" del bombardamento. Il box di testa, ossia la sezione formata
dai primi sei bombardieri, comparve all'improvviso da dietro le colline e colpì
la zona sud delle Fonti. Il secondo box bombardò la parte centrale del bersaglio. Con
il terzo passaggio, compiuto dagli ultimi sei bombardieri, fu colpita la parte
nord delle Fonti.
I tedeschi furono colti
completamente di sorpresa dall’incursione dei B-25J e dovettero lamentare
numerose perdite (i documenti indicano un minimo di tre morti e un massimo di
50/60). Anche le vittime tra i civili furono molte, perché 17 operai italiani
rimasero sepolti all'interno di una nuova galleria che stavano scavando vicino
al bunker del comando tedesco.
Il risultato della missione
fu giudicato dagli americani decisamente positivo. Da parte tedesca, invece, si
constatò che i bunker strategici erano rimasti praticamente intatti, mentre
erano stati semidistrutti gli alberghi "Lelia" e
"Dolomiti". In questo modo, nonostante tutto, la riunione che decise
le fine della guerra in Italia poté
tenersi a Recoaro due giorni dopo.
22-23 aprile
1945: la resa.
Alle 10.00 del mattino di
una splendida domenica primaverile erano presenti nel bunker di comando di
Recoaro il generale Heinrich von Vietinghoff-Scheel, l'ambasciatore
plenipotenziario presso la Rsi Rudolph Rahn che era arrivato da Bolzano insieme
con Franz Hofer, governatore (Gauleiter)
del Tirolo-Voralberg, il comandante delle SS in Italia Karl Wolff, il
comandante della Luftwaffe Max Ritter von Pohl. Nel pomeriggio la riunione fu
allargata al capo di stato maggiore Hans Röttiger, al suo vice Moll, al tenente
colonnello Viktor von Schweinitz e all'SS-
Gruppenführer Eugen Wenner, aiutante di Wolff.
La riunione era stata
fortemente voluta da Wolff e da Rahn per chiudere definitivamente nell'angolo
von Vietinghoff e riprendere in extremis i contatti con gli Alleati.
Vietinghoff riconobbe che la situazione era disperata,
ma, ancora una volta, non volle assumersi la responsabilità della decisione
finale e lasciò che fossero gli altri ad esporsi. Naturalmente Wolff e Rahn
dichiararono che era del tutto insensato continuare a combattere. Su questo
punto concordava lo stesso Hofer che però insisteva nel porre
"condizioni" politiche, come l'incorporamento del Tirolo meridionale
nella futura Federazione statale austriaca.
Wolff spiegò che gli Alleati
non avrebbero mai accettato nessuna
richiesta politica. Il suo intervento irrigidì Hofer che subordinò ogni cosa
all'accettazione delle proprie condizioni. Si era ad un punto morto e, cosa
ancora più pericolosa, Hofer poteva abbandonare la riunione e rivelare tutto a
Hitler. Consapevoli del rischio, Wolff e Rahn si impegnarono ad appoggiare le
richieste del Gauleiter, che dette
quindi il proprio assenso alla resa.
Di fronte a questo fronte
compatto, a cui si aggiunsero Röttiger e altri ufficiali dello stato maggiore,
von Vietinghoff alla fine cedette, pur tra molti dubbi e riserve mentali. Erano
le 1.20 di lunedì 23 aprile 1945. Nella notte stessa i plenipotenziari tedeschi,
Victor von Schweinitz e Eugen Wenner partirono da Recoaro per la Svizzera e,
dopo un viaggio avventuroso, raggiunsero
Caserta dove firmarono la resa incondizionata il 29 aprile 1945. Il cessate il
fuoco su tutto il fronte fu fissato per le ore 14.00 del 2 maggio.
Il comando Sudovest e il gruppo d’armate C
furono i primi ad arrendersi in Europa.
Nota
Bibliografica
E. Aga Rossi - B.F. Smith, La resa tedesca in Italia, Milano 1980.
Heinrich von
Vietinghoff-Scheel, Appunti
dell'ultimo comandante in capo tedesco
in Italia, a cura di Peter Hattenkofer, Alessandro Massignani e Maurizio
Dal Lago, Valdagno 1997.
M. Dal Lago - G. Trivelli, 1945. La fine
della guerra nella valle
dell'Agno,
Valdagno 1999.
M. Dal Lago, F. Rasia, Valdagno, marzo-giugno 1944. Dallo sciopero generale
all'eccidio di Borga,
Valdagno 2004.
G. Versolato, Bombardamenti aerei degli alleati nel vicentino, 1943-1945,
Valdagno 2001.